Dopo aver isolato anche in Italia il primo caso di vaiolo delle scimmie si è diffuso un certo allarmismo incentivato dall’aumento dei casi di contagio di Monkeypox nel nostro Paese ed in altri stati. L’attenzione si è così spostata su un altro agente virale altamente infettivo dopo che l’Istituto Spallanzani di Roma ha annunciato i primi casi accertati, che hanno portato al ricovero in ospedale dei soggetti risultati infettati ed all’isolamento dei soggetti che hanno avuto dei contatti stretti con i contagiati. Per evitare allarmismi l’Inmi, l’Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, ha subito rilasciato delle dichiarazioni affidando ad una nota stampa il resoconto sui primi casi di vaiolo delle scimmie.
“I ricercatori dello Spallanzani hanno completato la prima fase dell’analisi della sequenza del Dna del Monkeypox virus dei primi tre casi di vaiolo delle scimmie osservati in Italia e seguiti presso l’Istituto romano. I campioni risultati positivi al Monkeypox virus sono stati sequenziati per il gene dell’emoagglutinina (Ha), che consente l’analisi filogenetica del virus, e sono tutti risultati affini al ceppo dell’Africa Occidentale, con una similarità del 100% con i virus isolati dei pazienti in Portogallo e Germania. Potremmo essere anche in Italia di fronte a un virus ‘paneuropeo’ correlato con i focolai osservati in vari Paesi europei, in particolare quello delle Isole Canarie”.
Dopo aver fornito le prime informazioni sugli agenti virali riscontrati sui pazienti, gli esperti non si sono sottratti dal rinnovare le raccomandazioni per prevenire i contagi e per ridimensionare l’allarmismo, visto che i casi restano bassi così come il quadro clinico dei soggetti infettati non desta preoccupazioni. Il quadro clinico è stato identificato facendo ricorso a tecniche molecolari e di dissequenziamento genico di campioni di lesioni cutanee.
Vaiolo delle scimmie: come si trasmette e quali sono i sintomi dopo il contagio
Di fatto il vaiolo delle scimmie trasmesso dal Monkeypox virus non scatena delle manifestazioni preoccupanti, in quanto si tratta di sintomi tipici. Secondo quanto riferito dal resoconto dei medici, i recenti casi rilevati si sono manifestati con sintomi sistemici quali: febbre, brividi, cefalea, affaticamento, mal di schiena, dolori muscolari, linfonodi ingrossati oppure edema linfonodale. Proprio come il vaiolo umano anche questa forma ha un esordio affine al quadro dei sintomi della sindrome simil-influenzale, a cui si accompagnano poi linfonodi gonfi e comparsa di una caratteristica eruzione cutanea, che si irradia principalmente sul viso e su altre aree del corpo.
Il decorso della malattia infettiva è scandito da diverse tappe: a distanza di 1-3 giorni dalla comparsa della febbre compare l’eruzione cutanea, che ha il suo esordio sul viso per poi irradiarsi ai palmi delle mani ed alle piante dei piedi. Il vaiolo delle scimmie si palesa con la comparsa di macchie piane di colore rosso che in seguito mutano aspetto trasformandosi in vescicole purulente.
L’infezione è da imputare alla trasmissione di fluidi o sangue da un soggetto infetto ad uno sano: generalmente il contagio avviene tramite il contatto con un animale oppure un soggetto contagiato, ossia quando del materiale corporeo umano entra in contatto con particelle del patogeno, ma l’infezione si si trasmette anche attraverso esposizione a droplet: passaggio di goccioline respiratorie. La guarigione generalmente si registra spontaneamente senza una terapia specifica se non quella palliativa per lenire i sintomi più fastidiosi, ed il decorso della malattia ha una durata media di 14-21 giorni, solo una bassa percentuale di casi fa riscontrare dei quadri più severi con rari casi di morte.