Un gruppo di ricercatori dell’Università di Pittsburgh, guidato da José Sahel e Botond Roska, sfruttando una tecnica innovativa con luce e geni hanno riattivato i neuroni riuscendo a restituire la vista, seppure parzialmente, ad un uomo cieco da 40 anni a causa di una malattia genetica.
Il 58enne non vedeva dall’età di 18 anni per via della retinite pigmentosa una malattia neurodegenerativa ereditaria, ma grazie alla sperimentazione dell’optogenetica ha recuperato le sue capacità visive. Si tratta del primo risultato di tale levatura raggiunto attraverso una simile rivoluzionaria tecnica, che permette di restituire la vista servendosi di impulsi di luce per controllare l’attività delle cellule, in precedenza modificate per poter rispondere agli stimoli luminosi.
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I risultati ottenuti dagli studiosi dell’Università di Pittsburgh sono stati resi noti sulla rivista Nature Medicine. Un caso straordinario, di cui ha parlato con soddisfazione Fabio Benfenati, esperto presso l’Istituto Italiano di Tecnologia: “È uno dei primi casi in cui l’optogenetica viene provata nell’uomo e, rispetto alla terapia genica, può essere usato anche in stadi più avanzati della malattia […]. La visione non è proprio come quella naturale perché il paziente ha un campo visivo ristretto e per allargarlo deve spostare la testa, ma si tratta comunque di un approccio promettente”.
La tecnica in fase di sperimentazione per restituire la vista a persone diventate cieche a causa di malattie genetiche
Gli studiosi sono riusciti a restituire la vista al paziente nell’ambito di una sperimentazione che riguarda lo studio di fase 1/2°. In pratica, in uno dei due occhi dell’uomo si è iniettato un virus inoffensivo, adoperando come navetta per trasportare il gene della proteina ChrimsonR, con lo scopo di rendere le cellule sensibili agli impulsi luminosi.
Gli studiosi sono partiti dal modificare le cellule per renderle più sensibili alla luce, per questo sono state attivate. Il paziente ha indossato degli appositi occhialini hi-tech, dotati di una fotocamera in grado di catturare le immagini dalla realtà e poi tramutarle in impulsi luminosi. A loro volta gli impulsi sono stati proiettati sulla retina in tempo reale.
Come risultato il paziente ha dimostrato una buona tolleranza all’optogenetica recuperando una parziale capacità visiva. Il soggetto cieco di fatto grazie agli occhialini è stato in grado di riconoscere, individuare nello spazio e toccare diversi oggetti con l’occhio trattato dalla tecnica sperimentale.
I dati raccolti dai ricercatori dell’Università di Pittsburgh fanno auspicare al raggiungimento di un traguardo sorprendente: il ripristino delle funzioni visive per poter così restituire la vista alle persone diventate cieche a causa di malattie genetiche. Naturalmente si dovranno eseguire ulteriori approfondimenti e sperimentazioni, per valutare la sicurezza e l’efficacia di questa tecnica innovativa.
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